L'uomo del KGB
Giorgio Conforto, padre di Giuliana, la proprietaria dell'appartamento di Viale Giulio Cesare dove sono arrestati Morucci e Faranda, secondo il rapporto Mitrokhin è un uomo del Kgb. Quale ruolo ha avuto nell'operazione di viale G. Cesare? E' plausibile uno scambio tra l'arresto dei brigatisti e l'immunità della figlia?
Il rapporto Mitrokhin
Nell’autunno del 1999, in Gran Bretagna viene pubblicato il libro “The Sword and the Shield” scritto dallo storico Christopher Andrew insieme a Vasili Mitrokhin
Mitrokhin è un archivista del KGB che per trent’anni ha compilato di suo pugno una serie di manoscritti sulle attività del servizio segreto sovietico. Nel 1992 dopo il crollo dell’Urss scappa dalla Russia portandosi dietro sei casse di documenti.
Riparato in Gran Bretagna consegna i documenti all’intelligence inglese. Soltanto nel 1999, dopo anni di ricerche e analisi di autenticità vengono resi pubblici.
Un intero dossier è dedicato all’Italia, Il Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, una volta venutone in possesso, gira la documentazione alla Commissione Stragi, che il rende pubblici il 10 Ottobre 1999
Tra le varie carte spicca un elenco di 261 nomi di cittadini italiani che avrebbero fornito informazioni all’Unione Sovietica. Accanto a nomi famosi come Armando Cossutta, esponente dell’ex PCI, Francesco De Martino ex segretario del PSI, di giornalisti come Sergio Turone, Sandro Viola, appare anche Giorgio Conforto, un oscuro funzionario del Ministero dell’Agricoltura.
Il nome di Conforto non attira subito l’attenzione, ma qualche “esperto” del “caso Moro”, collega quel nome con quello di Giuliana: sua figlia, arrestata con Morucci e Faranda in viale Giulio Cesare.
Morucci e Faranda "venduti" da Conforto?
Sono anni che ci si interroga sull’identità della “fonte riservatissima” che avrebbe permesso la cattura di Morucci e Faranda. Tra Giorgio Conforto, e i due terroristi arrestati non c’è nessun collegamento diretto, vengono però messe in evidenza due circostanze: la presenza dei due terroristi in casa della figlia Giuliana e il ruolo svolto da Conforto nel KGB.
Cosi, malgrado che, dalle ammissioni degli esponenti di polizia: «l’informatore era un contatto di natura personale con uno dei due arrestati» e dalle parole dello stesso Morucci «una spiata. Mi servivano dei documenti falsi e mi rivolsi alla mala. Ma evidentemente qualcuno aveva rapporti con la polizia», si delinei un profilo completamente diverso, Giorgio Conforto, che nel frattempo è morto nel 1986, diventa, per una parte della pubblicistica, colui che ha fatto arrestare Morucci e Faranda.
L’ipotesi resterebbe una delle tante che circolano sulla stampa, ma nel 2004 a ridargli forza è una dichiarazione dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’affare Mitrokhin Cossiga dichiara:
Fu [Conforto]questo lo so per certo che, per difendere il Partito comunista italiano da accuse di collusione con le Brigate Rosse, denunziò, all’allora capo della Squadra Mobile Masone, Faranda e Morucci, che abitavano nella casa della figlia. L’uomo che fece arrestare Faranda e Morucci è quello che qui è considerato il più grande agente sovietico, Conforto. Fece ciò perché la figlia non sapeva nulla. Sapeva soltanto che questi erano elementi di sinistra. La figlia era un’extraparlamentare non comunista. Quando lui capì chi erano le persone che erano in casa della figlia contattò Masone. Tra l’altro, essendo stata la Faranda arrestata da uno dei miei capi scorta, conosco tutta la vicenda e la conosce benissimo anche lei stessa, che e` diventata mia cara amica. Audizione del 24/02/2004, Commissione Parlamentare Mitrokhin, pag. 6.
L’affermazione di Cossiga, non poté essere controllata in quanto nel 2004 sia Conforto che Masone erano deceduti e fu decisamente smentita dalla Faranda. Inoltre bisogna ricordare che non c’è traccia di documenti, di Masone, o più in generale delle forze dell’ordine, che riporti la “confessione” di Conforto a Masone.
Come abbiamo visto, grazie alla 2° commissione Moro, che ha impiegato molto del suo tempo ad indagare sull’arresto di Morucci e Faranda, nel 2016 finalmente si rese pubblico il nome del misterioso informatore, che segnalò Morucci e Faranda alla polizia. Si tratta di Dario Bozzetti socio, insieme ad un amico di infanzia di Morucci, di un autosalone presso cui il brigatista si era rivolto per ottenere documenti falsi. (vedi La soffiata)
Le idee della 2° Commissione Moro
L’identificazione della vera fonte avrebbe dovuto far cadere ogni ipotesi su Giorgio Conforto, ma far uscire dal caso Moro questa figura di agente dei servizi segreti sovietici è, per certa stampa, davvero difficile e allora si è elaborata una nuova teoria.
Teoria che è stata prontamente ripresa dalla 2° Commissione Moro che nella sua terza relazione scrive:
Conclusivamente la latitanza di Morucci e Faranda in casa Conforto e l’arresto del 29 maggio evidenziano numerosi elementi che sembrano ricondurre all’azione di persone, indipendenti dalla Squadra mobile, che erano a conoscenza del rifugio e cercarono di gestire l’operazione, venendo in qualche modo superati dall’attivazione della fonte AutoCia. È possibile che (...) si trattasse di Conforto o di altri. CM2, 3° relazione sull’attività svolta, 6/12/2017, pag no
Vediamo quali sono gli elementi che fanno propendere i commissari verso questa tesi.
Innanzi tutto la Commissione si dilunga sull’appartenenza di Giulio Conforto al KGB, ricostruendo la sua arriera dal dopoguerra in poi, lamentando il fatto che non si eseguirono indagini ulteriore sul conto del Conforto.
In conclusione appare certo che nel 1979 la DIGOS disponeva degli appunti del SISMI che qualificavano Giorgio Conforto come agente del KGB e che si rinunciò ad approfondire questa cruciale notizia in una sede giudiziari, Ibid,, pag. 104
Come spesso è successo la Commissione si limita, con il senno di poi, a sottolineare presunte stranezze nella conduzione delle indagini senza indicare scenari possibili di investigazione.
Squadra Mobile o Digos?
Altro elemento citato è la deposizione di Cossiga alla Commissione Stragi. Nel proporla però i commissari, nell’evidente tentativo di accumulare indizi a sostegno della loro tesi, non “si accorgono” di un’evidente contraddizione.
Nel suo racconto, di cui abbiamo già riferito sopra, Cossiga afferma che «Conforto, denunziò, [Morucci e Faranda] all’allora capo della Squadra Mobile Masone» La tesi riportata nella 3° relazione della Commissione Moro parla invece di (…)’azione di persone, indipendenti dalla Squadra mobile, che erano a conoscenza del rifugio e cercarono di gestire l’operazione venendo in qualche modo superati dall’attivazione della fonte AutoCia
La differenza è sostanziale Cossiga afferma che Conforto parlò al capo della Mobile Masone, la Commissione sostiene invece che Masone, a seguito della “soffiata”, rese vani i contatti tra Conforto ed persone indipendenti dalla squadra Mobile.
La Commissione, con una certa disinvoltura, non fa notare la fondamentale diversità, prende per buono il fatto che Conforto abbia contattato qualcuno ma abbandona la pista che porta a Masone e si impegna a trovare altre persone indipendenti”. Ciò perché, appurato che la Squadra Mobile arrivò in viale Giulio Cesare a seguito della soffiata di Bozzetti, per tenere in piedi l’idea del coinvolgimento di Conforto questi deve aver parlato con qualcun altro. Gli altri … è la Digos romana.
Si parte dall’idea che l’ubicazione del rifugio dei due latitanti fosse noto ben prima del pedinamento del 29 maggio. Si cita per esempio l’ispettrice Maria Vozzi:
…escussa da collaboratori della Commissione il 5 luglio 2016, ha ricordato di aver partecipato, insieme al dottor De Sena a un servizio di appostamento intorno a viale Giulio Cesare alcuni giorni prima dell’irruzione. ibid pag. 99
La dottoressa Vozzi non parla dello stabile di viale Giulio Cesare 47 ma si limita ad indicare un appostamento in quella zona. Per avere questa informazione non c’era bisogno di scomodare la funzionaria bastava leggere il verbale di arresto di Morucci e Faranda in cui è chiaramente scritto:
Dopo l'irruzione al Comitato romano della D.C […] era andata maturando la convinzione che nel quartiere Prati e più precisamente nella adiacenze di Piazza Mazzini vi fosse un covo delle Brigare Rosse.[…] Su tali basi, venivano pertanto attivate le fonti informative e, contestualmente, si procedeva ad un accurato vaglio di quelle persone, abitanti in quella zona,, già note a questa DIGOS. Verbale della Digos, 30/5/1979, CM1, vol. 36, pag. 222
Quindi la zona intorno a viale Giulio Cesare era controllata, non per chi sa quale indicazione, ma più semplicemente perché nelle vicinanze era stata ritrovata abbandonata una delle auto del commando Br che aveva effettuato l’attacco alla sede DC di via Nicosia
Altro elemento, che, secondo la commissione, potrebbe far pensare ad una conoscenza del covo brigatista già prima dell’irruzione del 29 maggio, è il ricordo espresso da Nicola Mainardi, durante la sua audizione in Commissione riguardo le modalità dell’arresto.
…il maresciallo Mainardi ha dichiarato, «Il personale della DIGOS all'epoca conosceva molto meglio di noi gli altri personaggi, e ricordo che quando hanno visto sul citofono il nominativo della professoressa di matematica, sono andati direttamente al piano del suo appartamento, perché pare che avessero fatto già in precedenza delle perquisizioni». CM2, 2° relazione... cit. pagg.156-157
Ora da una Commissione di inchiesta parlamentare, per formulare ipotesi, ci si aspetterebbe qualcosa di più concreto di una sensazione a quasi quarant’anni di distanza, anche perché basta dare un’occhiata alla pubblicistica sull’argomento e trovare versioni diverse. Come quella di Sergio Narvalli, agente della Digos, che prospetta uno scenario completamente diverso:
«Entrai nella casa in quel momento[…] Avevamo aperto completamente una a una tutte le porte agli altri piani del palazzo... L’edificio era completamente circondato dagli agenti della Squadra Mobile. Noi della sezione antiterrorismo eravamo solo in quattro, i nostri colleghi almeno duecento. Era una loro operazione. Insomma avevano saputo con buona approssimazione che Morucci e Faranda stavano in quella strada e a quel numero civico, ma ignoravamo in quale appartamento. Così ci eravamo divisi..» Silvana Mazzocchi, Nell’anno della tigre: storia di Adriana Faranda, Milano, Baldini&Castoldi, 1994, pag. 154
Riguardo la mancanza di informazioni da parte della Digos Narvalli testimonia anche al processo Moro Quinquies:
Avv. Tommaso Mancini: Come arrivaste a Viale Giulio Cesare?
Sergio Narvalli: Questo non lo so con esattezza perché era un’operazione della squadra mobile Noi [della Digos] siamo andati in aggiunta per un’azione… militare… diciamo…, quindi non sono a conoscenza di cosa c’era dietro… se un’informazione od indagini od altro…. e non l’ho mai saputo!. Processo Moro quinquies, Udienza del 9/5/1996
Bisogna inoltre notare che riguardo la conoscenza preventiva da parte della Digos dell’indirizzo di viale Giulio Cesare non è mai emerso nessun documento comprovante tale circostanza. Resta quindi una sensazione resa a 38 anni di distanza tra l’altro smentita da altre testimonianze.
Che fa un padre per la figlia
Altro elemento portato, a sostegno della sua tesi, dalla Commissione Moro riguarda il presunto trattamento di favore riservato alla figlia di Giorgio Conforto, Giuliana.
L’indicazione che l’arresto sia stato in qualche modo “negoziato” da o per il tramite di Conforto può tuttavia trovare qualche riscontro nella vicenda processuale di Giuliana Conforto, che fu assolta in tempi rapidi dalle gravi imputazioni che le furono contestate. CM2, 3° relazione, op.cit. pag.101
A Giuliana Conforto e le sue vicende processuali abbiamo dedicato un articolo a parte (vedi L’affittacamere) qui, ci preme constatare l’assoluta illogicità delle affermazioni della Commissione. Infatti, ci si dimentica che è stato appurato incontrovertibilmente come Morucci e Faranda furono arrestati su segnalazione di Dario Bozzetti. Quindi affermare che l’arresto sia stato in qualche modo “negoziato” da o per il tramite di Conforto non corrisponde assolutamente al vero (del resto la Commissione in altra parte della stessa relazione, come abbiamo visto, nega questa circostanza).
Al massimo ci può essere stato un contatto (occorre comunque notare che ciò è solo un’ipotesi priva di alcun riscontro oggettivo) tra Conforto e alcuni soggetti delle forze dell’ordine superato dall’intervento della Mobile su indicazione di Bozzetti.
Quindi si può affermare con sicurezza che Giorgio Conforto non incise minimamente sull’arresto di Morucci e Faranda. E quindi non si capisce perché, in cambio del nulla, lo Stato, contravvenendo a tutte le regole e coinvolgendo forze dell’ordine e Magistratura inquirente e giudicante, si affanni ad assicurare l’impunità a Giuliana Conforto.